Il fallimento dell’Agenda Digitale Italiana

Quando scrivevamo, esattamente nel marzo dello scorso anno, della nascita dell’Agenzia per l’attuazione dell’Agenda Digitale, ci chiedevamo, augurandoci ovviamente di sbagliare, se non si fosse trattato del “solito calderone tirato su in fretta e furia per spendere oltre un miliardo di euro senza alcuna ricaduta reale sul nostro Paese”.

Purtroppo, a distanza di un anno, dobbiamo riconoscere che l’Agenda digitale si è rivelata un vero e proprio fallimento e l’ennesimo esempio di gestione "all’italiana" della cosa pubblica (che tanto fa bene alla nostra economia e al prestigio internazionale del nostro Paese) dal momento che, come risulta ufficialmente dall’ultimo monitoraggio pubblicato dalla Camera dei Deputati, questa non ha completato nemmeno un terzo degli obbiettivi istituzionali preposti.

I numeri non lasciano molto spazio alla fantasia. Nel 2012, su 47 adempimenti previsti ne sono stati portati a compimento 4. Nel 2013, invece, su 55 previsti, solo 17 hanno visto la luce. Tra i provvedimenti presi ci sono questioni che il Presidente Caio aveva particolarmente a cuore, come quelli relativi all’anagrafe nazionale. Molte altre cose (a nostro avviso enormemente più importanti) sono state, invece, trascurate. Tra queste ultime non possiamo non ricordare: l’invio di certificati e ricette mediche in formato elettronico; le norme di igiene per la misurazione dei campi magnetici potenzialmente dannosi; l’assenza di azioni sugli Open Data e la trasparenza dell’attività parlamentare.

Una gestione pietosa, quindi, un ritratto di inefficienza che raggiunge la sua massima espressione in una gestione delle risorse umane a dir poco discutibile quando si constata l’assegnazione di incarichi dirigenziali diretti e l’affidamento di servizi senza gara d’appalto o voci di spesa (visionabili da chiunque consultando il sito www.agid.gov.it) di questo tenore: 18 milioni per "progetti e programmi"; 240.000 euro di pulizie; 161.000 euro per spedizioni e facchinaggio; continuando poi con collaborazioni per 4 milioni di euro nel 2012 e 3 milioni nel 2013. Un fiume di denaro pubblico svanito nel nulla, perso in un profondo buco nero chiamato "Pubblica Amministrazione".
A discolpa dell’Agid bisogna però dire che gran parte dei provvedimenti prevedevano il coinvolgimento dei Ministeri competenti che, a loro volta, non hanno mai fatto ricorso alle procedure di legge per attuare tali provvedimenti e, perfetto esempio di gestione all’italiana, a discolpa dei Ministeri competenti, si può dire che bastava una proposta del Presidente del Consiglio. La sintesi dei fatti rimane quella che nessuno ha fatto nulla.

Bisogna forse ricordare ancora alla nostra classe politica che il Digitale riveste un ruolo chiave nel rilancio del nostro sistema Paese? Bisogna forse ricordare che si tratta di introdurre stimoli diretti all’economia reale quantificati in un incremento del PIL di oltre un punto l’anno?
Non ci resta che aspettare le decisioni che il neopremier Renzi prenderà in materia, augurandoci solo che si attenga alla logica di un’allocazione efficiente delle risorse senza disperdersi in proclami faraonici che non si traducano, ancora una volta, in alcun fatto e provvedimento concreto.
Ci permettiamo solo di ricordare a quest’ultimo lo stato attuale della connettività in Italia: su un valore medio europeo che oscilla tra i 16 e i 22 mbps, l’Italia si attesta a 6, ultimo paese in Europa (tanto per cambiare).

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